CLAUDIO GENTILI: LA MIA AFRICA
Claudio Gentili, ha vissuto e lavorato per trent’anni come falegname in un piccolo paese tra Roma e Rieti. Il suo sogno è sempre stato quello di fare il giro del mondo in bicicletta. Dopo aver pianificato e preparato attentamente il suo viaggio, Claudio è partito esattamente un anno fa. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare dove è arrivato e com’è andato questo primo anno di viaggio.Durante il viaggio Claudio ha utilizzato le borse da bici GIVI-Bike Experience Line.
Ciao Claudio, come stai? ti abbiamo lasciato mentre stavi facendo tappa in Gambia, aggiornaci sul tuo viaggio. E’ ormai passato un anno dalla tua partenza. Quali erano le tue aspettative prima del viaggio e come si sono confrontate con la realtà?
Ciao, esatto, è passato un anno dalla mia partenza, ma come vi ho anticipato ho dovuto sospendere il viaggio per motivi di salute, mi sono preso un periodo di pausa per risolvere questi problemi vi terrò aggiornati per la ripartenza. Per quanto riguarda le mie aspettative posso dire che tutto si è svolto secondo i miei programmi. Nonostante il periodo della partenza sia coinciso con tutte le restrizioni covid, con le notizie poco rassicuranti da parte della FARNESINA, le problematiche da risolvere nelle varie dogane per i rispettivi visto e al passaggio nella famosa terra di Nessuno ai confini tra Marocco e Mauritania (zone di religione Mussulmana che tutti descrivono come molto pericolose). Io sono sempre stato ottimista, ho trovato accoglienza, ospitalità e aiuto in particolare nei posti descritti come terzo mondo.
Come hai pianificato il tuo itinerario e come ti sei preparato per affrontare il giro del mondo?
Per quanto riguarda la programmazione del viaggio ho pianificato un itinerario di massima, ma poi, strada facendo ho modificato in base alle esigenze di percorso. Seguo comunque se è possibile sempre la strada principale in particolare nelle zone più pericolose come ad esempio il deserto. Come mi sono preparato? Sono stato un artigiano fino al giorno prima di partire, lavoravo in proprio e dovevo completare gli impegni di lavoro prima del viaggio, pedalando giorno dopo giorno sono entrato in forma. Prima di partire uscivo in bici la domenica e per ogni uscita non ho mai fatto meno di 10 ore, perché per me conta il tempo in sella e non la quantità di km.
Hai sottolineato spesso di aver ricevuto tanta ospitalità dalle persone che hai incontrato durante il percorso. Ce ne vuoi parlare?
Durante questo anno di viaggio ho fatto tantissime amicizie, ho avuto tantissima ospitalità, ma ci tengo a precisare, tutta questa ospitalità l’ho trovata soprattutto in Africa. Il 19 aprile sono sbarcato a Tangeri, da lì in poi è stato come se fossi arrivato a casa, non c’è stato un momento in cui mi sono trovato perso. In Marocco anche la polizia mi è stata sempre molto vicina. Per raccontare la mia esperienza con la polizia del Marocco ci vorrebbe un giorno, sono stati eccezionali, e anche la polizia di dogana in Mauritania è stata molto gentile, pensate che dopo avermi messo il visto sul passaporto mi hanno anche fatto un regalo restituendomi una parte dei soldi che avevo pagato, dandomi di fatto il loro benvenuto in Mauritania. In Marocco ho dormito molte volte dentro alle moschee, offrendomi anche da mangiare. In una moschea vicino a Guelmin alle porte del deserto sono stato ospite per 3 giorni e tutti i giorni a colazione, pranzo e cena ero ospite dell’Imam. Il terzo giorno l’Imam mi ha dato la possibilità di scattare foto nella moschea, nelle aule degli studenti e infine mi ha addirittura portato nella biblioteca della moschea dove ci siamo fatti anche una foto insieme.
Poi ho avuto tantissimi incontri con persone che mi fermavano e mi ospitavano nei loro villaggi per mangiare e per dormire. Dividevano con me quel poco che avevano, tutta questa ospitalità l’ho trovata in ogni posto, dal Marocco al Sahara, dalla Mauritania al Senegal e infine in Gambia dove a Serekunda, la capitale, c’è un ragazzo con cui ho fatto amicizia su Facebook. Ci conosciamo da circa 4 anni e per l’occasione sono passato nel suo villaggio. Ci siamo finalmente conosciuti di persona e mi ha ospitato per 9 giorni, è stata un emozione bellissima. Ma la ciliegina sulla torta è l’ospitalità ricevuta sempre in Gambia in una missione. Trovandomi nella stagione delle piogge ho chiesto loro se potevo restare per un periodo e mi hanno accolto a braccia aperte. Mi hanno dato una casa a disposizione e mangiavo e uscivo con loro. Praticamente sono diventato di famiglia. In questa missione c’è un centro medico e ne ho approfittato per farmi visitare ed é qui he mi sono accorto dei problemi che ho. Mi hanno diagnosticato un ernia e 2 cisti inguinali. A quel punto anche sotto consiglio del mio dottore ho deciso di sospendere e tornare per farmi operare, mi sono messo alla ricerca di un biglietto aereo a buon prezzo per tornare a casa ma ho dovuto aspettare un po’ e sono stato ospite di questa missione per 50 giorni, mi hanno dato vitto alloggio e cure tutto gratuitamente. Io in cambio, da buon falegname, mi sono offerto di aiutarli e mettendomi subito all’opera ho riordinato tutto il centro missionario.
Qual’ è al momento l’ esperienza più indimenticabile legata al viaggio in bicicletta e quella invece che vuoi dimenticare in fretta?
Parliamo di quale sia stata l’esperienza più bella e quella più brutta da dimenticare? Secondo me le esperienze sono tutte belle e nessuna è da dimenticare, perché le esperienze ti aiutano ad andare avanti e a cercare di non sbagliare, fanno parte del gioco.
Per il viaggio hai utilizzato le borse Experience GIVI-Bike. Come ti sei trovato?
Per questo viaggio ho usato le borse GIVI-Bike Experience Line e mi sono trovato benissimo. Ho avuto la possibilità di testarle in tute le condizioni metereologiche: al gelo, sotto la neve, sotto acqua battente per diverse ore continue e nel deserto in mezzo a tormente di sabbia. Non mai avuto infiltrazioni di acqua, mai avuto problemi di traspirazione o condensa e nel deserto, con temperature che sfioravano i 50 gradi nel mezzo anche di tormente, non ho mai avuto infiltrazioni di sabbia. Tenete presente che la sabbia del deserto è molto molto fine, sembra borotalco, spesso me la sono trovata in bocca nonostante indossassi il paracollo che mi copriva la bocca e il turbante.
In più ho trovato le borse molto capienti e molto robuste. Passare dal gelo di quando ero in Italia, durante il passo del TURCHINO sotto la neve, alle temperature aride del deserto dove se metti un uovo al sole si cuoce, senza avere avuto alcun tipo di problema, mi ha reso molto soddisfatto.
Consiglieresti questo tipo di viaggio a qualcun’ altro? E perché?
Questo tipo di viaggio secondo me, almeno una volta nella vita, lo dovrebbero fare tutti, perché ti insegna molte cose. Ti insegna a vivere, a rapportarti con ogni tipo di persona, ti insegna a essere umile e a rispettare gli altri. Tutto quello che trovi lungo la strada ti insegna a fare tesoro di quel poco che hai in tasca, cercando di gestirlo al meglio, e ti posso assicurare che a me è capitato più di una volta.