CICLOTURISMO IN TRANSILVANIA: TRANSFAGARASAN 2022
Di Sauro Scagliarini
La Transilvania evoca ricordi un po’ tetri e reminiscenze cinematografiche esilaranti o di terrore. Mai ci saremmo aspettati che la regione rumena potesse crearci la forte curiosità di approfondire un toponimo così difficile da ricordare: Transfăgărășan. Questa strada di montagna conduce al passo più alto di tutto il paese a oltre 2.000 m. Ovvio che sia la “Cima Coppi” del Giro di Romania per ciclisti professionisti che si svolge ormai da diversi anni. Ma per i cicloviaggiatori queste sono solo informazioni di contorno e l’amo che ci ha attirato definitivamente ce l’ha fornito Google riportando il parere di un giornalista inglese che in un suo articolo dichiarava in maniera perentoria che quella sarebbe la strada più bella del mondo. Non è dovuto sapere se Jeremy Clarkson, della rivista Top Gear, abbia mai percorso il giro del Sella Ronda e se si fosse allungato di pochi chilometri per guidare le sue auto in prova sotto le Tre Cime di Lavaredo, ma almeno confido che certe prove le abbia fatte in Scozia fra le spettacolari Highlands o sulla irlandese Wild Atlantic Way. In ogni caso l’abboccamento s’era compiuto e l’approfondimento andava fatto fino a scoprire che questa strada fu progettata esclusivamente per fini militari dopo l’invasione della Cecoslovacchia nel 1968 da parte dell’Unione Sovietica. Ceausescu temeva di essere presto invaso e per prepararsi al contrasto ordinò di creare un passaggio rapido attraverso i Carpazi per movimentare le truppe. Oggi questa strada è diventata una ricchezza per gli escursionisti e gli amanti della montagna. Per le forti precipitazioni nevose non viene mantenuta aperta, così dall’autunno la strada si chiude e viene riaperta dopo il disgelo totale d’inizio estate. Quando abbiamo aperto le agende per verificare le date ancora disponibili fra i nostri impegni abbiamo trovato con difficoltà la decina di giorni necessari per il giro che nel frattempo si stava disegnando sulla carta per toccare alcune città che meritavano la visita, attraverso strade secondarie che Komoot ci proponeva. Arrivare ad inizio ottobre all’aeroporto di Sibiu e ripartire da lì dopo 11 giorni poteva essere rischioso per la probabile pioggia che sarebbe stata neve sul passo, col rischio di chiusura anticipata. I prezzi bassissimi e la facilità di trasporto delle nostre bici con Ryan Air ci hanno fatto rischiare e oggi si può dire che siamo stati fortunati perché la temperatura è sempre stata favorevole, la pioggia scarsa e la Transilvania accogliente.
Il racconta del viaggio inizia da Sibiu non perché lì siamo atterrati e ritornati dopo il giro di oltre 500 chilometri, ma perché la città è stata una grande sorpresa in positivo e adatta anche ad un viaggio non necessariamente ciclistico. Innanzi tutto, è pulita e ordinata come le città del nord Europa che abbiamo nel nostro immaginario, ma soprattutto è bella e accogliente, con un centro storico perfettamente conservato e totalmente pedonalizzato, dove palazzi monumentali di chiara matrice austro-ungarica convergono su ampie piazze nelle quali ci siamo seduti ad ammirare tanta bellezza su panchine pubbliche ottenute da pannelli solari. Ciò ci ha fatto domandare: dovevamo venire a Sibiu per vedere un arredo urbano così innovativo e mai visto prima nelle nostre città? Da turisti curiosi, a ciclisti che si preparano per un viaggio con l’incognita meteo: abbiamo rimontato le bici e stivato ad arte nelle nostre borse stagne il materiale scelto con cura per non appesantirci troppo, ma essere sufficientemente attrezzati per temperature che inevitabilmente sarebbero state basse in altura.
Giorno 1
E finalmente arriva la mattina del giorno 1, piacevolmente soleggiata e tiepida. Rapido e sicuro montaggio delle clip sul portapacchi e l’avventura inizia. A metà del percorso, alla ricerca della bella immagine satura di colori autunnali, ci fermiamo in un ampio spiazzo dove pere e mele sono ben disposte per attrarre gli automobilisti di passaggio. Mentre scattiamo, la sorridente venditrice porge a ciascuno una pera talmente bella che sarà un peccato mangiarla. Riprende il viaggio su strade piacevoli con antichi manieri che ci occhieggiano dalla cima della collina. È anche la zona delle chiese fortificate, tipiche della Transilvania, che sono state riconosciute come Patrimonio Unesco. Sono di origine Sassone e intorno ad esse sorgevano i villaggi che ancora oggi esistono mantenendone l’architettura. Dalla graziosa cittadina di Mediaș, bellissimo il centro e le mura ancora parzialmente intatte, Komoot ci propone una strada senza traffico, che corre lungo estesi campi coltivati a mais ancora da trebbiare, per condurci a Dumbraveni, scelta solo in funzione dell’arrivo programmato al tramonto. Scopriamo che l’albergo prenotato non è in città, ma in cima ad una collina dove si accede attraverso una strada sterrata: non è terribile ma dopo la lunga giornata ogni contrattempo ha un peso maggiore. Viaggiare in ottobre ha il piacevole vantaggio di trovare sempre posto in alberghi e ristoranti, ma bassa stagione significa anche personale ridotto o cucina chiusa. Il titolare ci offre di portarci nel suo albergo in paese, totalmente vuoto e con la cucina a mezzoservizio che riesce ugualmente ad offrirci una cena adeguata all’appetito. Scopriamo che l’hotel ha subito diversi passaggi di mano nei secoli e ad inizio ‘900, ancora facente parte dell’impero Austro-Ungarico, era il bordello più apprezzato della Transilvania che attirava in paese una clientela da tutta l’area grazie alla gestione di una nota maitresse che ormai il suo nome è avvolto dalla leggenda e ad una aneddotica al limite del mito.
Giorno 2
Il giorno 2 ci saluta attraverso una spessa nebbia che avvolge la collina e che in basso non sarà diverso. L’attesa del sole pare tempo perso e invece l’angelo custode dei ciclisti ci trattiene per farci incontrare casualmente con Laurentiu, un nostro coetaneo ciclista, ritornato in paese dopo tanti anni di lavoro in Canada. Ci racconta della sua città, delle sue bici e come le usa, della sua vita canadese e di quella attuale di insegnante. Scopriamo di trovarci a nostra insaputa in una città con diversi sobborghi abitati da Rom. Quando ci invita a visitarli accettiamo con piacere, consapevoli che un locale ha un rapporto facilitato rispetto a stranieri curiosi, tantopiù quando è l’insegnate dei ragazzi che lì vivono ad accompagnarli. Ne incrociamo alcuni che ci salutano amichevolmente e pedaliamo dal quartiere più ricco, con case apparentemente ben fatte, ma totalmente abusive, a quello più povero dove invece il degrado è evidente. Qui manca anche l’acqua corrente che viene presa da un pozzo a manovella ai margini delle costruzioni che ricordano le favelas brasiliane. Ci racconta, ma lo faranno altri nei giorni successivi, come la comunità sia enormemente prolifica rispetto ai normali rumeni con un indice di natalità di 8/10 a 1, che in pochi anni, 20 per i pessimisti, il doppio per chi è prudente, la Romania sarà una nazione Rom. Laurentiu pedala con noi alcuni chilometri e proseguiremo verso Sighișoara costeggiando il fiume Tarnava Grande. La sosta sulla cittadella in cima alla collina è l’evento turistico del giorno per il bel castello e il borgo, intatti nella loro originale architettura sassone. I campi di mais continuano ad accompagnarci e ci chiediamo stupiti perché la loro maturazione ha tempi così lunghi. Non saranno i panorami a segnare la giornata, ma il solito evento inaspettato arriva nel tardo pomeriggio quando avvistiamo sopra la collina una chiesa fortificata che pare dietro l’angolo. Imbocchiamo la prima deviazione che pare ci porti in cima e poco dopo si trasforma in un sentiero in salita sempre più ripido ma pedalabile. La direzione è corretta e mi appaiono alcune baracche fatiscenti con i segni caratteristici Rom: panni stessi sulle reti di confine, sporcizia imbarazzante, bambini e animali in giro, adulti ciondolanti davanti alla baracca. Proseguo e mi accorgo che è un paese come il peggiore visitato la mattina. Ho gli sguardi addosso di tutti e il saluto abbaiante dei cani. La strada s’interrompe davanti alla montagna e mentre mi giro ho tutti gli occhi puntati su di me delle diverse persone immobili nelle loro proprietà. Nessuno dei miei compagni di viaggio è in vista e l’imbarazzo per essermi introdotto in un assembramento non abituato alle visite si mischia ad un timore che aggredisco rivolgendomi al più vicino in tutte le lingue che conosco. L’innocente intraprendenza dei bambini mi corre in aiuto chiamando a gran voce il portavoce della comunità che parla anche l’italiano per una lunga frequentazione in diverse città italiane che mi sciorina orgoglioso. Rotto il ghiaccio, bambini e adulti, animali compresi, fanno capannello intorno a me per sapere dove volevo andare, da dove vengo e le solite banalità quando arriva lo straniero inaspettato. È sabato e tanti hanno la bottiglia di birra in mano, la risata sgangherata, il commento incomprensibile sull’elegante ciclista e la sua bella bici azzurra. Dalla folla che mi circonda intravedo uno dei miei compagni che impavidamente inizia a fotografare l’”uomo bianco” nel campo Sioux, senza nessuna offesa ai nativi americani, ma la sensazione di trovarsi in un mondo così diverso mi ha fatto pensare ai miei amici indiani intorno al cercatore d’oro col Winchester a tracolla. Sorrisi e ringraziamenti per le indicazioni alla chiesa fortificata, che ormai aveva perso completamente qualsiasi attrattiva, e riprendiamo il sentiero a velocità sostenuta per allontanarci da persone che non sono state ostili, ma che il loro stile di vita mi rende incapace alla socializzazione amichevole che invece è stata massima con tutti i rumeni durante il nostro viaggio. La meta del giorno è un romantico hotel sul lago, indica Booking, che si rivelerà un laghetto per la pesca. Seguirà un’altra cena in una grande sala ristorante con il solo nostro tavolo ad essere utilizzato.
Giorno 3
Anche il giorno 3 inizia con la visione della fitta nebbia, ma siamo speranzosi che succeda come il giorno prima dove a metà mattina si dirada per lasciar posto al sole. A pochi chilometri abbiamo la cittadina di Rupea che merita la deviane per il suo castello in cima alla collina. Pare sia grande e decidiamo di fare colazione là. Purtroppo non ci sono alberghi e nemmeno bar o simili. In un piccolo negozio di alimentari escono persone che ci dicono che lì hanno tutto, caffè compreso. Il suo gestore è un ragazzino intraprendente e amabile che ci consiglia su biscotti e cioccolate. Ci invita a prendere il caffè in un’altra sala: si esce dal negozio e si scende su gradini ripidi che conducono ad un piccolo magazzino dove in un angolo una macchinetta del caffè inizia il suo lavoro a raffica. È una scena anacronistica, ma in un cicloviaggio l’esperienza diventa divertente e anche piacevole, col ragazzino servizievole che ci porge i bicchieri e zucchero come in un lussuoso bar. La scalata al castello la possiamo già fare col sole che ci scalda e l’aneddoto della mattinata è la mucca al guinzaglio, portata a pascolare dove l’erba è più appetitosa. Il suo proprietario ci spiega che così toglie l’erba in eccesso senza tagliarla e la sua mucca mangia con maggior abbondanza rispetto al praticello dove poi pascolerà in autonomia per il resto del giorno. La meta di oggi è Brasov che segnerà la fine del primo segmento di viaggio, che avevamo suddiviso in tre segmenti di tre giorni ciascuno. Il paesaggio sui campi di mais cambia quando iniziamo a scalare un’area collinare che si snoda in boschi piacevoli. In un’area di sosta con bancarelle, troviamo una roulotte che, attraverso la gigantografia della sua avvenente e bionda titolare, propone il Kurtos, il dolce più antico della Romania, un grande cilindro cavo e dolce che va assaggiato prima dell’arrivo in città. Brasov è una città universitaria con grandi giardini e un centro storico pedonalizzato non troppo diverso da quelli delle nostre città con tanti bar e take-away di ogni tipo, inframmezzati da negozi di marchi più o meno noti. La cena sarà in un buon ristorante sottoterra, come altri che abbiamo scelto, piacevoli nell’architettura pittoresca di antica origine che sfrutta ex magazzini con pietra a vista sia per i muri che per il soffitto a botte.
Giorno 4
La suddivisione in segmenti ci ha dato una sensazione più concreta dell’avanzamento del viaggio, così il giorno 4, finalmente senza nebbia e subito con un piacevole sole, ci ha dato l’idea che ora ci stiamo avvicinando alla zona più montagnosa che inizia blandamente dopo l’allontanamento dalla città. La meta intermedia e sulla quale sono stati spesi commenti di ogni tipo, sarà la piccola città di Bran che in fase di pianificazione abbiamo scoperto fosse la sede del principe Vlad Țepeș (Vlad l’Impalatore), per tre volte voivoda di Valacchia, ma a tutti noi noto come Dracula, il protagonista del romanzo di Bram Stoker. La storia fu completamente inventata dallo scrittore irlandese, ma la crudeltà di Vlad è un dato storico. Ci siamo arrivati quasi senza accorgercene perché non c’è nulla di tetro a Bran. Anche il castello lo si vede appena quando si è sotto, coperto da alti alberi. Tutto gira intorno alla fama del castello e del suo famoso principe, con gli inevitabili negozi e bancarelle, fast food improbabili e file per entrare nonostante la bassa stagione turistica. Motivati dalla consapevolezza che è solo una leggenda e che una salita ad oltre 1.200 m. ci stava aspettando, abbiamo ripreso la strada che ora iniziava ad essere più impegnativa. Il panorama è simile e altrettanto bello come quello dell’Appennino, con boschi lungo la strada e montagne non troppo alte, con gli alberi che qui iniziano a mostrare i colori autunnali. In cima, con luce del tramonto, la visione dell’orizzonte e delle montagne contrapposte è bellissimo. Le bancarelle offrono prodotti artigianali che già abbiamo assaggiato (formaggi, miele, frutta di stagione) e che vorremmo comprare: la rinuncia a ciò è uno dei pochi limiti del cicloviaggio. In cima il panorama è splendido e le valli di sotto, illuminate dal sole del tramonto, hanno colori saturi bellissimi. Fa anche freddo e la fame morde: una sosta panino per mangiarne uno confezionato col saporito formaggio di pecora è il valore aggiunta alla bella vista. Giacca impermeabile e guanti sono fondamentali per scendere senza gelarsi che faccio da solo perchè un disguido ci fa prendere strade diverse: gli altri scendono attraverso un pittoresco single trek, io sull’asfalto verso la dimora del giorno che abbiamo prenotato nel piccolo paese di Dragoslavele, ideale per finire la giornata in tempi accettabili. Il GPS mi conduce in un paese di poche case che principalmente sorgono intorno alla via principale: nessun negozio, tantomeno ristoranti e hotel. L’arrivo è davanti ad un cancello di legno con le “insegne” dipinte a mano, compresi i tre asterischi che sottintendono alle stelle. Non c’è campanello, ma si può aprire a mano. Nessuno risponde, anche bussando ad alcune porte della casa privata, dignitosa e in buono stato, ma non facoltosa. Aggirandomi alla ricerca del proprietario nell’ampio giardino noto che l’erba intorno sarebbe da tagliare e altri lavoretti andrebbero fatti. Lui esce dal boschetto in salita e mi invita a seguirlo con un sorriso. Dietro agli alberi, in cima alla salita una seconda costruzione più grande è quella dedicata ai turisti. Con la luce che sta calando la casa è un po’ tetra, il pavimento scricchiola e le scale ululano sotto i nostri passi. Penso alla casa di Psyco, il film di Hitchcock, in cima alla collinetta sopra al distributore di benzina dove Antony Perkins ricevette la cliente che accoltellò nella scena terrificante della doccia. Sorrido attendendo i miei compagni di viaggio e mi consolo facendomi un tè bollente. Mi offre anche di prepararci la cena. Avevamo un’alternativa? Il menù è quello della casa, che non capiamo, ma certamente acquieterà i nostri appetiti. La sala da pranzo è nella costruzione in basso, in una sala dove saremo come sempre i soli clienti. La zuppa è bollente e anche appetitosa, Poi verze, salsicce, patate, salse in robuste quantità. Tutta la cena è stata preparata da un’anziana signora completamente vestita di nero, anche il fazzoletto che le raccoglie i capelli come in campagna negli anni ’60 in Italia. La sua apparizione è inquietante, ma solo per i primi tre secondi, poi il suo sorriso dolce e il grande vassoio in mano, volatizzano le stupide impressioni causate da ricordi cinematografici. Sul tavolo anche un’ampolla con un bel quartino di grappa artigianale, piacevolmente leggera da essere bevuta pasteggiando. Dolci non ce ne sono ma ci arriva una buonissima marmellata casalinga che ci fa subito chiedere per la colazione della mattina dove avremo la stessa buona esperienza serale per abbondanza e genuinità.
Giorno 5
Il giorno 5 inizia con la stessa signora in nero che taglia una quantità esagerata di cavoli da preparare per la conservazione invernale. Riprendiamo a salire e senza troppa fatica arriviamo in cima ad un passo dove una monumentale scalinata adornata di vecchi cannoni e bandiere patriottiche richiama ricordi eroici guerreschi sottolineati da musica marziale diffusa dagli altoparlanti, una delle poche reminiscenze incontrate del metabolizzato regime socialista. La discesa ci propone vie interne dove troviamo diversi carretti trainati da cavalli o asini con sacchi o legna da ardere. La cittadina di Cimpulung è ideale per un dolcetto di mezza mattina nella pasticceria più invitante della città. Sarà anche la giornata che Komoot ci fa trovare alcuni tratti di sterrato in mezzo a boschi e coltivazioni, alcuni anche impegnativi al termine dei quali le preoccupazioni per gli agganci delle le nostre borse sul portapacchi svaniscono. La giornata è offuscata dall’incontro con un cane randagio. Lungo la strada ne avevamo visti alcuni, acquattati sul bordo strada. Ci fanno pena e ci domandiamo come possano essere lasciati così. In salita ne troviamo uno che ci segue facilmente per la nostra bassa velocità. Appena lo incrociamo ci scodinzola e ci guarda fiducioso. Ci dobbiamo fermare per controllare il gps e lui sosta con noi ancora con la coda che ci dichiara la sua bonarietà e strofinandosi contro le mie gambe. Ho le mani sul manubrio e lui mi lecca leggermente le dita guardandomi dal basso con occhi dolci. Un colpo basso che mi lascerà l’amarezza che ancora oggi sento mentre ricordo l’incontro. Ripartiamo e lui ci segue ancora. Mi fa male vedere animali abbandonati e sono meravigliato che non siano aggressivi, ma addirittura affettuosi con chi incontrano. Quando arriva la discesa non riesce a seguirci e lo perdiamo fra un misto di sollievo, ma anche di tristezza. In paese scopriamo che essere italiani spesso è un valore aggiunto e porta vantaggi. Il titolare del ristorante a Domnesti ha anche alcune camere appena finite molto belle. Dopo la prima trattativa in inglese capiamo che lui parla anche l’italiano e altre lingue per alcuni anni da pizzaiolo trascorsi in alcuni paesi d’Europa. Il prezzo cala per le tre singole che lussuosamente solo oggi ci concederemo. Nel ristorante viene a chiacchierare con noi e ci promette che ci cucinerà proprio lui la miglior matriciana al dente. Mentre ci salutiamo ci promette che la mattina accenderà solo per noi la macchina italiana dell’espresso per offrircelo prima della partenza.
Giorno 6
Il giorno 6 inizia con un grande vassoio che il nostro amico ci porta in camera: invece del caffè ci ha fatto addirittura 3 perfetti cappuccini con grafiche di schiuma come da miglior bar italiano e brioche comprate da lui al forno locale. Oggi avremo il tragitto più breve perché a Curtea de Argeș finisce il tratto 2 ed essendo in tabella possiamo prendercela comoda e fare i cicloturisti curiosi. Sul tragitto troviamo una coppia di cani, paiono fratelli, piuttosto giovani e giocherelloni. Anche questi ci seguiranno per un po’, giocando con gli angoli delle nostre borse mentre pedaliamo, dando morsetti leggeri per divertirsi. Quando ci fermiamo sono affettuosi e bevono dalle nostre mani l’acqua versata. Mi fa aumentare l’amarezza del giorno prima e doloroso il distacco anche da loro. La brevità della pedalata ci regala il lusso di un vero pranzo seduti al ristorante di Curtea de Argeș prima di prendere possesso dell’appartamento trovato in rete. La città è una delle più antiche del paese: fondata nel Medio Evo fu capitale della Valacchia. Per questo dato storico avevamo grandi aspettative, ma non è certo una meta fondamentale per il cicloturista, perché intorno alle chiese antiche le costruzioni moderne infettano il pathos architettonico. Da domani iniziano le salite sulla Transfăgărășan che ha il suo inizio ufficiale proprio dalla città.